Parere - 29 maggio 2003 | |
[doc. web n. 29840] [v. anche Comunicato stampa] Spamming. Regole per un corretto invio delle e-mail pubblicitarie - Provvedimento generale GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI Nella riunione odierna, in presenza del prof. Stefano Rodotà, presidente, del prof. Giuseppe Santaniello, vice-presidente, del prof. Gaetano Rasi e del dr. Mauro Paissan, componenti e del dott. Giovanni Buttarelli, segretario generale; VISTI i reclami e le segnalazioni pervenuti all’Autorità circa l’indebito utilizzo della posta elettronica per finalità promozionali e pubblicitarie; VISTE le decisioni già adottate dal Garante in materia e ritenuto necessario adottare un provvedimento di carattere generale sull’applicazione della disciplina in materia; VISTI la legge 31 dicembre 1996, n. 675, il d.lg. 13 maggio 1998, n. 171 e le altre disposizioni applicabili; VISTI gli atti d’ufficio; VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi del’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000; RELATORE il dott. Mauro Paissan;
1. I DISAGI DI NUMEROSI UTENTI Numerosi interessati espongono anche ulteriori disagi derivanti dalla costante ripetizione di analoghi messaggi da parte di uno stesso mittente titolare del trattamento, dai vani tentativi esperiti per ottenere sia la cancellazione del proprio indirizzo di posta elettronica presso i mittenti, sia l’interruzione di altri messaggi. Altre segnalazioni riguardano gli inconvenienti che derivano dalla ricezione di e-mail anonime o prive dell’indicazione di un indirizzo, oppure delle coordinate veritiere di un reale mittente. Nella prevalenza dei casi, agli interessati non è stato previamente richiesto, come dovuto, uno specifico consenso preceduto da un’idonea informativa che illustri adeguatamente le modalità e le caratteristiche dei messaggi. In altri casi i messaggi sono inviati da imprese -anche in questo caso senza consenso- per promuovere, presso clienti, prodotti o servizi analoghi a quelli forniti in un rapporto contrattuale, oppure per offrire altri tipi di prodotti o servizi distribuiti anche da terzi. Il Garante ha fornito assistenza a numerosi cittadini, indicando le opportune modalità di tutela; ha poi attivamente cooperato in sede comunitaria per l’adozione di decisioni comuni alle autorità di garanzia dei Paesi dell’Unione europea, pubblicate nel sito Internet di quest’ultima e in quello del Garante (www.garanteprivacy.it). L’Autorità ha anche accolto numerosi ricorsi (art. 29 legge n. 675/1996), a seguito dei quali sono stati impartiti specifici divieti di trattamento dei dati. Sono stati altresì avviati i procedimenti per applicare le pertinenti sanzioni amministrative e sono stati trasmessi gli atti all’autorità giudiziaria penale nei casi in cui erano configurabili reati. Con la collaborazione di forze di polizia, incaricate da questa Autorità di svolgere i necessari controlli e di dare esecuzione ai provvedimenti, sono stati eseguiti in loco, presso fornitori di servizi ed altri titolari di trattamento, vari provvedimenti di sospensione temporanea di ogni operazione illecita del trattamento dei dati personali da parte di società risultate responsabili di attività svolte in modo sistematico. Infine, sono stati eseguiti accertamenti presso altri fornitori di servizi di accesso ad Internet o ulteriori soggetti, per verificare la rispondenza dei trattamenti di dati alla normativa vigente. A conclusione di queste attività, il Garante ravvisa la necessità di adottare un provvedimento di carattere generale per indicare le misure che gli operatori del settore devono adottare al fine di conformarsi alla disciplina generale sull’uso dei dati personali, specie nel settore delle comunicazioni (in particolare, alla legge 31 dicembre 1996, n. 675, al decreto legislativo 13 maggio 1998, n. 171 e al decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185). L’Autorità ritiene inoltre necessario inibire il trattamento illecito di dati risultante da altre segnalazioni il cui esame è stato riunito in un unico procedimento, in particolare di quelle relative a titolari di trattamento identificabili.
2. INVIO LECITO DI POSTA ELETTRONICA PUBBLICITARIA La loro utilizzazione per scopi promozionali e pubblicitari è possibile solo se il soggetto cui riferiscono i dati ha manifestato in precedenza un consenso libero, specifico e informato. Il consenso è necessario anche quando gli indirizzi sono formati ed utilizzati automaticamente con un software senza l’intervento di un operatore, o in mancanza di una previa verifica della loro attuale attivazione o dell’identità del destinatario del messaggio, e anche quando gli indirizzi non sono registrati dopo l’invio dei messaggi. Questo assetto, basato su una scelta dell’interessato c.d. di opt-in, è stato ribadito nel 1998 (con il d.lg. n. 171) prima ancora che una recente direttiva comunitaria lo estendesse a tutti i Paesi dell’Unione europea (n. 2002/58/CE in fase di recepimento in Italia, pubblicata sulla G.U.C.E. n. L 201 del 31 luglio 2002). Questa Autorità si è pronunciata più volte in materia ribadendo che la circostanza che gli indirizzi di posta elettronica possano essere reperiti con una certa facilità in Internet non comporta il diritto di utilizzarli liberamente per inviare messaggi pubblicitari (cfr., ra l’altro, la decisione dell’11 gennaio 2001 - in Bollettino del Garante n. 16).
Ad analoga conclusione deve pervenirsi per gli indirizzi di posta elettronica compresi nella lista “anagrafica” degli abbonati ad un Internet provider (qualora manchi, anche in questo caso, un consenso libero e specifico), oppure pubblicati su siti web di soggetti pubblici per fini istituzionali. Tali considerazioni valgono anche con riferimento ai messaggi pubblicitari inviati a gestori di siti web -anche di soggetti privati- utilizzando gli indirizzi pubblicati sugli stessi siti, o che sono reperibili consultando gli elenchi dei soggetti che hanno registrato i nomi a dominio. In quest’ultimo caso, infatti, la conoscibilità in rete degli indirizzi è volta a identificare il soggetto che è o appare responsabile, sul piano tecnico o amministrativo, di un nome a dominio o di altre funzioni rispetto a servizi Internet (per la tutela di vari diritti sul piano civile e penale, anche ai sensi della legge n. 675) e non anche a rendere l’interessato disponibile all’invio di messaggi pubblicitari). In tutti questi casi, l’utilizzo spesso massivo della posta elettronica comporta una lesione ingiustificata dei diritti dei destinatari, costretti ad impiegare diverso tempo per mantenere un collegamento e per ricevere, come pure per esaminare e selezionare, tra i diversi messaggi ricevuti, quelli attesi o ricevibili, nonché a sostenere i correlativi costi per il collegamento telefonico (incrementati anche da messaggi di dimensioni rilevanti che rallentano tali operazioni), oppure ad adottare “filtri”, a verificare più attentamente la presenza di virus, o a cancellare rapidamente materiali inadatti a minori specie in ambito domestico. Il fenomeno interessa anche piccole e grandi imprese destinatarie di un elevato numero di messaggi, le quali devono farsi carico di misure interne e di costi anche organizzativi per contrastarlo. Questo ingiustificato riversamento sugli utenti dei costi pubblicitari si verifica anche relativamente a messaggi inviati da singole persone fisiche che, in vari casi esaminati, non si limitano ad una comunicazione episodica, ma intraprendono una comunicazione sistematica per fini personali o, addirittura, una diffusione di dati cui è applicabile la disciplina in materia di protezione dei dati personali (art. 3 legge n. 675).
3. IL QUADRO GIURIDICO SU INFORMATIVA E CONSENSO Al riguardo va nuovamente rilevato che non può farsi a meno del consenso ritenendo che i dati personali relativi all’indirizzo di posta elettronica –e all’indirizzo in particolare- siano “pubblici” in quanto conoscibili da chiunque. Le disposizioni normative che si riferiscono a questo aspetto (artt. 12, comma 1, lett. c) e 20, comma 1, lett. b) legge cit.) sono infatti applicabili solo quando vi è un pubblico registro, elenco, atto o documento conoscibile da chiunque perché vi è una specifica disciplina che ne impone la conoscibilità indifferenziata da parte del pubblico, e non anche quando i dati personali sono conoscibili da chiunque per mere circostanze di fatto (si pensi, oltre ai casi già richiamati di raccolta su siti web o di messaggi trasmessi su newsgroup o su mailing list, agli indirizzi di posta elettronica raccolti in rete tramite appositi software o mediante comuni motori di ricerca). Il principio del consenso è quindi già operante nel nostro ordinamento prima ancora di essere affermato senza eccezioni su scala europea, dalla menzionata direttiva n. 2002/58 in fase di recepimento, a tutta la posta elettronica comunque inviata per fini di commercializzazione diretta (si vedano in particolare l’art. 13 e il considerando n. 40). Il quadro evidenziato trova conferma nella disciplina sulla protezione dei consumatori nei contratti a distanza che, in riferimento al rapporto sottostante ai fini del quale si procede al trattamento di dati personali, vieta ai fornitori l’impiego della posta elettronica in mancanza del consenso preventivo del consumatore, in relazione a determinati scopi tra i quali rientrano anche quelli pubblicitari (art. 10, comma 1, d.lg. 22 maggio 1999, n. 185). Per gli aspetti relativi alla protezione dei dati personali non devono essere peraltro considerate le disposizioni del recente decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, sul commercio elettronico, dichiarate in proposito espressamente inapplicabili (art. 1, comma 2, lett. b) d.lg. n. 70 cit.). Il consenso, da documentare per iscritto, deve essere manifestato liberamente, in modo esplicito e in forma differenziata rispetto alle diverse finalità e alle categorie di servizi e prodotti offerti, prima dell’inoltro dei messaggi (art. 11 legge n. 675). Tale disciplina non può essere elusa inviando una prima e-mail che, nel chiedere un consenso abbia comunque un contenuto promozionale oppure pubblicitario, oppure riconoscendo solo un diritto di tipo c.d. “opt-out” al fine di non ricevere più messaggi dello tesso tenore.
L’insieme dei diritti riconosciuti dalla legge agli utenti determina, in caso di loro violazione, un trattamento illecito dei dati che:
In tali casi, la società titolare del trattamento (dopo aver informato preventivamente e adeguatamente il cliente) potrà procedere all’invio del messaggio pubblicitario, offrendo però al cliente, in modo chiaro e distinto (sia al momento della raccolta dei suoi dati, sia in occasione di ciascun messaggio) il diritto di rifiutare sin dall’inizio tale uso dei dati o di obiettare, gratuitamente e in maniera agevole, anche successivamente (art. 13, par. 2, direttiva n. 2002/58/CE cit.)
5. MESSAGGI PER CONTO TERZI E ACQUISTO DI BANCHE DATI Tali società, da considerarsi “titolari” o contitolari del trattamento dei dati a seconda del rapporto che si instaura con il committente e delle modalità di concreta utilizzazione dei dati, sono tenute a rispettare le disposizioni in tema di informativa e specifico consenso, anche per quanto riguarda l’eventuale comunicazione di dati personali ai committenti medesimi e le relative finalità. Ciò comporta un quadro di obblighi e possibili responsabilità anche penali che gli operatori devono verificare con attenzione, anche uando la società specializzata incaricata sia stabilita fuori dell’Unione europea.
6. DIRITTI DEGLI INTERESSATI Nel sito Internet del Garante è riportato un modello-tipo per esercitare tali diritti in maniera agevole, gratuitamente e senza particolari formalità, anche verbalmente o mediante posta elettronica, dimostrando la propria identità (art. 17, comma 1, d.P.R. n. 501 del 31 marzo 1998). Tale modello è utilizzabile in luogo di altri reperibili in reti telematiche che non sono pienamente validi in quanto si riferiscono anche ad aspetti non riconosciuti dall’art. 13 della legge n. 675 (ad esempio, chiedono il rilascio di attestazioni o la copia di autorizzazioni non previste). I diritti vanno esercitati sulla base di tale modello direttamente presso l’indirizzo conoscibile del titolare o del responsabile del trattamento, riservando solo ad un’eventuale momento successivo l’instaurazione di una procedura contenziosa dinanzi al Garante o all’autorità giudiziaria. Anche ai fini dell’esercizio di tali diritti, deve ritenersi che l’invio anonimo di messaggi pubblicitari senza l’indicazione di un mittente identificabile concreti già oggi un trattamento illecito di dati personali, a prescindere da quanto dispone il citato d.lg. n. 70/2003 sul commercio elettronico (come si è visto, fuori della materia della protezione dei dati personali) e da quanto, in riferimento ai dati personali, sarà previsto con il recepimento della direttiva n. 2002/58/CE (la quale non consente l’invio di messaggi pubblicitari quando l’identità del mittente viene camuffata o addirittura celata e quando non viene fornito un indirizzo valido che consenta al destinatario di richiedere la cessazione delle comunicazioni: art. 13, par. 4, dir. cit.). I mittenti dei messaggi devono quindi indicare già oggi, in modo chiaro, la fonte di provenienza del messaggio, nonché il soggetto e l’indirizzo –non solo di posta elettronica- presso cui i destinatari possono esercitare i propri diritti (si veda, in proposito, l’art. 10, comma 1, lett. f) della legge n. 675). Appare altresì conforme al principio di correttezza indicare nell’oggetto del messaggio la sua tipologia pubblicitaria-commerciale (art. 9, comma 1, lett. a), legge n. 675).
7. ELENCHI DI POSSIBILI DESTINATARI Come si è illustrato, il consenso ha un connotato autorizzatorio “positivo” in base al quale l’eventuale silenzio dell’interessato omporta il diniego del consenso eventualmente richiesto e non rileva come assenso tacito all’invio dei messaggi.
8. E-MAIL PROVENIENTI DALL’ESTERO Ciò non comporta l’assoluta mancanza di rimedi o tutela, potendo l’utente chiedere una verifica da parte della competente autorità nazionale di protezione dei dati personali, ove istituita nel Paese eventualmente individuabile dal messaggio. In altri casi, come quelli relativi alle leggi degli stati federali, l’invio di messaggi pubblicitari di posta elettronica può essere illecito in base alla legge di alcuni stati, per cui è parimenti possibile, per gli utenti, chiedere alle competenti autorità pubbliche degli stati di valutare la perseguibilità degli illeciti. Va infine tenuto presente che alcune e-mail indesiderate possono essere lo strumento per commettere reati comuni (ad esempio di truffa) che devono considerarsi commessi nel territorio italiano quando, sebbene l’azione è avvenuta all’estero, l’evento-reato che ne deriva si è verificato in Italia. Questa Autorità si riserva di valutare la posizione dei singoli fornitori di servizi i cui trattamenti sono stati oggetto di segnalazione, anche alla luce dell’ulteriore documentazione eventualmente pervenuta. In questo quadro, con separati provvedimenti relativi all’esame dei singoli reclami e segnalazioni, si provvederà, oltre alle eventuali trasmissioni di atti all’autorità giudiziaria penale:
TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE:
IL PRESIDENTE |
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