15 febbraio 2007
di Giorgio Bocca (L'Espresso - L’antitaliano)
Romano Prodi appare in televisione per informare gli italiani che rinnoveremo il nostro contributo “pacifico”, dice, alla missione della Nato in Afghanistan. La dizione è meditata e lenta: parole come pietre, le mascelle un po’ contratte per dar forza alle parole, lo sguardo fermo e duro delle occasioni solenni.
Il tutto per recitare in pubblico una affermazione incredibile, smentita dai fatti e dal buonsenso: che cioè il nostro contingente non è lì per partecipare alla guerra, per una operazione scopertamente militare, Basta guardare come sono vestiti e dotati i nostri soldati, per l’appunto da soldati e non da seminaristi, e li vediamo sfilaresugli schermi televisivi come dei robot bellici gonfi di uniformi, armi, cannocchiali, schermi agli infrarossi per combattere di notte, radiotelefoni, bombe a mano con manici tipo Wehrmacht.
di Gino Strada
lunedì 7 febbraio 2005
Tratto da Il Corriere della Sera
La mattina presto abbiamo l’abitudine, qui nell’ospedale di Emergency a Kabul, di dare una occhiata ai titoli dei quotidiani su Internet. Dalla prima riga dell’editoriale del Corriere del 2 febbraio vengo a sapere di essere un Signor Né-Né, neologismo coniato dal Signor Francesco Merlo nel commentare la dichiarazione di Armando Cossutta di non essere «né con Saddam né con la guerra».
Veri giornalisti anche in Rai, ma non si vedono in TV
di Alessandro Gaeta
domenica 2 gennaio 2005
Alcuni articoli tratti da teleblog.tv
L’ovvia verità del segretario Onu scatena reazioni furiose. Bush: «In Iraq libertà in marcia»
venerdì 17 settembre 2004
«Ho spesso sottolineato che la guerra in Iraq non rispettava la Carta delle Nazioni unite. Dal nostro punto di vista e dal punto di vista della Carta è stata un’azione illegale». L’entrata in tackle, mercoledì sera, del sovente troppo molle segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ha avuto l’effetto di una bomba. Le sue parole (ovvie) alla Bbc hanno annientato in pochi secondi le giustificazioni rabberciate (e le bugie) che Stati uniti e Gran Bretagna soprattutto vanno raccontando da oltre un anno e mezzo. E hanno provocato reazioni furibonde, ma non per questo meno patetiche, dell’accoppiata Bush & Blair più ascari vari (come i polacchi e i bulgari), nel tentativo di giustificare «legalmente» l’ingiustificabile. In effetti Bush, Blair per interposta persona, gli australiani, i polacchi e i bulgari l’hanno presa male. E forse anche l’Italia, anche se il ministro Frattini (che il 24 a New York vedrà Annan), alle prese con il sequestro delle due Simone, ha preferito un imbarazzato silenzio.
di Eugenio Scalfari
domenica 5 settembre 2004
L’indicibile orrore della strage di bambini nella scuola di Beslan provoca tre diversi tipi di reazione: la rassegnazione, l’anatema e la chiamata alle armi, l’analisi dei fatti.
Prima di entrare nel merito di quanto è accaduto, del come e del perché dell’orrore e anche del che fare esattamente tre anni dopo l’11 settembre 2001, voglio esaminare quelle tre diverse reazioni che agitano l’animo di ciascuno e di tutti gli uomini e le donne che abitano il pianeta e che hanno il privilegio di poter sollevare la testa dalle ciotole di riso e dalla brocca d’acqua inquinata che sostentano la loro breve e devastata esistenza. Perché per quei due miliardi di dannati non c’è orrore che possa scuoterli dall’incombente agonia che grava su di loro e sui loro già condannati bambini.